martedì 5 giugno 2012

GAMIFICATION E RICERCA DEL PERSONALE


Quando il gioco si fa duro, le aziende cominciano a giocare. Potrebbe sembrare paradossale, ma proprio in questo difficile 2012 rendere ludici alcuni processi organizzativi potrebbe rappresentare la strategia vincente per superare la crisi. Lo sostiene, fra gli altri, la rivista di management Forbes, secondo cui la gamification è destinata a diventare il miglior alleato dei dirigenti. Ma cos’è la gamification e come può essere applicata alle risorse umane? In ambito professionale, si può ricorrere a questa strategia di social business simulando attività tratte dall’esperienza quotidiana e invitando dipendenti o potenziali collaboratori ad affrontare quelle stesse sfide on line. Se il lavoro diventa un gioco in cui si guadagnano punti, si acquisiscono premi o si scalano classifiche, misurare le performance reali dei dipendenti diventa più semplice. Non solo si possono monitorare in diretta tempi, metodi e risultati e individuare i più motivati o chi ha la stoffa del leader, ma è anche più facile rivelare le dinamiche alla base della stessa azienda. Si verificano in diretta le capacità di lavorare in team impegnati nel raggiungimento di una “missione”, l’abilità nel negoziare soluzioni, il desiderio di collaborare o al contrario di imporre una propria visione del gioco. Si hanno così maggiori elementi per migliorare i processi e ci si assicura al tempo stesso un più alto tasso di coinvolgimento interno: ecco perché la gamification si propone anche come un valido strumento di comunicazione, oltre che di employer branding, funzionale alle strategie di sviluppo delle competenze e alla motivazione dei collaboratori. Meno noto il suo utilizzo a scopo di reclutamento.
Nel 2011 ha fatto scuola l’esperimento della catena di hotel Marriott per attrarre le migliori candidature. Basandosi sul modello di Farmville, è stato messo a disposizione su Facebook il “My Marriot hotel game”: i partecipanti avevano la possibilità di giocare a fare i manager di un grande albergo, ma dovevano superare prove, saper ottenere aiuti e scegliere i migliori collaboratori, gestire gli imprevisti. A chi ha ottenuto il punteggio migliore è stata data la possibilità di mettersi alla prova direttamente in azienda. Siemens, a un anno dal lancio del suo Plantville, un game per stabilire chi fosse il più bravo a gestire uno stabilimento, dichiara di aver coinvolto 21mila giocatori provenienti da oltre 160 Paesi, misurati virtualmente sulla base degli stessi KPI utilizzati nella vita reale. Il gioco, portato anche in più di 700 scuole superiori, si è così trasformato da piattaforma ludica a enorme bacino di candidature qualificate. Altri casi all’estero riguardano i settori più diversi, che vanno dall’automotive alle telecomunicazioni, dalla logistica alle software house, fino alle strutture mediche: in Italia, invece, “ancora non si vedono applicazioni interessanti”, afferma Stefano Besana, ricercatore dell’Università Cattolica di Milano, consulente aziendale sulle tematiche del social business e fondatore del blog Social Learning. “Probabilmente perché serve un cambiamento culturale da parte del management: far partecipare i collaboratori a un gioco significa azzerare le gerarchie aziendali e mettere in mano a tutti le chiavi per cambiare i processi e introdurre innovazione all’interno delle imprese”.
FONTE: Silvia Zanella - www.corriere.it

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