martedì 3 aprile 2012

GROUPON, LUCI E OMBRE

Wired.it nei giorni scorsi ha intervistato  Boris Hageney, 35 anni, ceo di Groupon in Italia, Spagna e Portogallo. Negli ultimi 12 mesi i gruppi d’acquisto online sono decollati, i concorrenti aumentano di mese in mese e i clienti non sono più smanettoni, ma impiegate e casalinghe. Perlopiù donne dai 24 ai 44 anni che, dalla crema antirughe al trattamento estetico, hanno iniziato a comprare di tutto. Anche prestazioni mediche superscontate. I problemi seri sono cominciati così: Groupon è stato preso di mira dagli ordini professionali e, come se non bastasse, un inviato di Striscia la Notizia si è presentato più volte in sede con in mano decine di reclami. Ora Groupon, nel nostro paese, vive di questa ambiguità: in parte indicato come paladino delle tariffe libere, in parte bollato come bestia nera del commercio online. 
"L’Italia, prima che noi arrivassimo, era il terzo mondo dell’ecommerce. Grazie a noi tanti utenti hanno comprato per la prima volta online. E grazie a noi tante aziende si sono avvicinate alla rete. Abbiamo rivoluzionato il panorama italiano", dice Hageney. Le associazioni che difendono i consumatori raccontano una storia diversa. Per Pietro Giordano, segretario dell’Adiconsum, i gruppi d’acquisto "distruggono l’e-commerce". Cosa pensare di Groupon? Ha davvero anticipato le liberalizzazioni del governo Monti? E soprattutto: i suoi prezzi stracciati possono aiutare a vivere meglio durante la crisi economica che stiamo attraversando? (...)
Secondo i dati Netcomm di fine 2011, il mercato dell’ e-commerce italiano resta piccolo – un sesto di quello inglese e meno della metà di quello francese – ma promette bene. Lo scorso anno ha avuto una crescita del 20%, più di Gran Bretagna, Francia, Germania e addirittura Stati Uniti. I protagonisti dello sprint sono stati proprio i siti che offrono acquisti di gruppo. Oltre, naturalmente, ad Amazon, arrivato in Italia sei mesi dopo Groupon. Ai tempi un terzo delle aziende italiane non aveva accesso alla Rete e solo il 35% era online. Groupon è andata a bussare alle porte del restante 65% e ha portato online migliaia di piccole imprese. Fin qui sembra una storia a lieto fine, ma manca un dettaglio: molte di loro sono rimaste scottate. 
"Siamo finiti in un meccanismo impazzito che Groupon non è stato capace, o non ha voluto, fermare in tempo, nonostante pressanti e reiterate richieste d’interruzione dell’offerta". A scrivere è Carlo Sanna, proprietario di un albergo di sette camere in un piccolo comune sardo. Sanna aveva firmato un contratto per 50 coupon, ma Groupon è riuscito a venderne 950 in una sola giornata. È uno dei tanti casi di overbooking che fanno sorgere qualche dubbio sulla buona fede del servizio: Groupon è davvero l’azienda che accompagna il piccolo commerciante al successo in rete o è un “meccanismo impazzito”che ne vuole solo sfruttare le potenzialità? "Alcuni partner sono stati uccisi dal loro successo", risponde annuendo Hageney. Il ceo resta in silenzio, per un attimo, poi precisa: "Sappiamo di essere responsabili di alcuni errori. Non ci siamo subito resi conto dei problemi che potevano sorgere. Un ristorante di Chicago smaltisce in fretta 500 coupon. Un piccolo locale italiano ci mette mesi. È anche vero che spesso è il partner che chiede di più. Alcuni non visualizzano lo tsunami di clienti che entrerà dalla loro porta non appena chiuso il deal". La soluzione sembra scontata: per evitare danni d’immagine, deliri degli esercenti e delusione dei clienti sarebbe meglio consigliare al partner di vendere la giusta quantità di coupon. "Stiamo iniziando a farlo. Tutti fanno errori, l’importante è reagire subito". Questa frase, nel corso della lunga intervista con il ceo, sarà pronunciata più volte: reagire subito, cambiare in corsa, trovare la soluzione a breve termine e procedere. È la filosofia di Groupon Italia, la mentalità insegnata ai giovani dipendenti, il mantra da ripetere. Come quando si affronta il tema dei clienti insoddisfatti. 
Tra inizio ottobre e fine gennaio 2011 sono arrivati all’Adiconsum oltre 400 reclami, su Facebook un gruppo di clienti insoddisfatti riunisce più di duemila persone. Groupon, Groupalia e LetsBonus gli operatori più contestati.

"Il 70% delle lamentele si riferisce a scarichi di responsabilità: il cliente ha un problema ed è continuamente rimbalzato dal partner all’intermediario e viceversa. In parte è colpa dei contratti poco chiari, in parte credo sia studiato a tavolino, così passano mesi e mesi prima di rimborsare", ci dice Mauro Vergari, delegato e-commerce dell’Adiconsum. 
C’è poi la questione pacchi. Da qualche tempo le aziende di couponing si sono lanciate nel settore merceologico: fioccano deal di ogni tipo, dal set di coltelli a 29,90 euro al cuscino ortopedico a 19,90, dal BlackBerry Curve a 129,90 euro al fornetto UV per il trattamento delle unghie a 29,90. Peccato che, denuncia l’Adiconsum, il 30% dei reclami riguardi la ricezione dei prodotti. "Non arrivano, arrivano rotti, con mesi di ritardo, senza garanzia, con le scatole aperte: ce n’è di tutti i tipi", denuncia Vergari. Groupalia è corsa ai ripari, annunciando a fine gennaio l’accordo con un unico partner per la gestione di magazzino e spedizione. Anche Groupon ha preso una decisione analoga, coinvolgendo a sua volta due ditte. "Amazon ha tardato tanto a sbarcare in Italia perché qui non funziona la logistica", abbozza Hageney. 
La giustificazione, però, non regge e, anzi, finisce per essere un punto per l’azienda di Jeff Besos: sarà anche arrivato secondo, ma nelle consegne Amazon spacca il minuto. Groupon no"È spiacevole: anche in questo caso non abbiamo compreso che alcuni partner non avrebbero avuto le capacità di gestire gli ordini. È un problema molto forte in Italia, che non abbiamo riscontrato altrove". Possibile che una multinazionale con oltre 140 milioni di utenti, si giustifichi dichiarandosi semplicemente “sprovveduta”? Il ceo scuote la testa: "Gradirei che valutassimo Groupon Italia nella sua totalità: quanti sono i membri del gruppo che si lamentano? Duemila? La nostra pagina sfiora i 90mila fan. Stessa storia per i partner: continuano a crescere. Il fenomeno delle lamentele non è così grande come appare". Mentre parla indica il laptop che si è portato in sala riunioni e sbircia di continuo: "Abbiamo creato un gruppo Facebook, 'I Love Groupon', per rispondere ai detrattori con la stessa moneta: raccontiamo le storie positive. L’importante è reagire".
Ma in Italia i veri problemi della multinazionale di Mason sono causati da medici e dentisti, ingegneri e architetti. Sono circa un migliaio i professionisti che si sono rivolti all’azienda per vendere i propri servizi: visite odontoiatriche a 29 euro, interventi di blefaroplastica a 600 euro e certificazioni energetiche a 60 euro. Prezzi stracciati, che non sono piaciuti agli ordini professionali. Risultato: richiami formali agli iscritti, titoloni sui giornali e lettere all’Antitrust. "Non solo: casualmente diversi nostri partner hanno ricevuto la visita dei Nas o della Guardia di Finanza. Curiose coincidenze, tutte italiane.
In Spagna collaboriamo con l’equivalente dell’ordine dei medici sin dal primo deal: ci telefonarono per farci correggere il testo e noi chiedemmo la loro consulenza. Qui non c’è confronto: diamo troppo fastidio".  In qualche modo, Groupon ha  liberalizzato le tariffe professionali prima ancora dell’intervento del governo Monti, seguendo la linea tracciata dal decreto Bersani del 2006 e ribadita dal governo Berlusconi ad agosto 2011. "Grazie a Groupon aumentano le persone che possono permettersi determinati trattamenti. È un male? Non credo", precisa il ceo. L’ordine dei medici definisce Groupon un “discount di falsa sanità” e c’è chi si chiede quanto sia appropriato trovare l’offerta di un check up ginecologico accanto a un set di pentole. (..)
Insomma, basta pensare che i gruppi d’acquisto siano il nuovo mezzo per sbarcare il lunario in tempi di crisi: non ci crede neanche il ceo. "Non vendiamo pane e latte scontati, vendiamo esperienze: giri in mongolfiera, trattamenti dall’estetista, viaggi. Offriamo sfizi a prezzi vantaggiosi. Dirò di più, se non ci fosse la crisi sarebbe anche meglio per noi: in un clima economico più stabile avremmo addirittura più partner". 
FONTE: www.wired.it.

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