Ha appena compiuto quarant'anni. Dal 2010 il suo simbolo, la chiocciolina, fa parte della collezione del MoMA di New York. (..) Prendiamo un minuto qualunque nella vita del mondo: in quel minuto vengono inviate 170 milioni di email. Se poi queste email verranno davvero lette è tutto un altro discorso. Aprirle e leggerle tutte probabilmente vorrebbe dire non fare altro per tutto il giorno. Quei messaggi che si accumulano nelle nostre inbox, non sono infatti una festa, sono un assedio. Al quale si risponde nell'unico modo possibile: eliminando la metà dei messaggi in attesa senza neanche aprirli. L'email sta diventando un problema sociale. O noi o lei. Inventata alla fine del 1971 dall'informatico Ray Tomlinson l'email è stata senza dubbio l'applicazione più popolare nei primi decenni della storia della rete.
Aprirsi una casella di posta elettronica, anzi spesso più di una, è sempre stato il primo atto di chiunque entri in Rete per la prima volta. Il risultato sono gli oltre tre miliardi di profili email attivi nel mondo (uno e mezzo per ogni utente della rete).
Parliamo quindi di uno strumento semplicissimo, spesso utilissimo e già quasi antico rispetto alle meraviglie del web 2.0. Eppure la vecchia email non solo resiste: cresce.
Data per spacciata infinite volte, addirittura sepolta con la nascita dei social network che offrono infiniti modi alternativi di scambiarsi pensieri e parole con le persone che conosciamo, l'email continua a intasare le nostre caselle postali elettroniche dove si accumulano senza sosta i "messaggi ancora da leggere". Quando il contatore del ritardo diventa a tre cifre, l'unica soluzione è attivare la funzione: "segna tutti i messaggi come letti", ma si tratta evidentemente di una scorciatoia che non elimina il senso di colpa. Ci saremo persi qualcosa di importante assieme a tanta spazzatura elettronica?
La spiegazione di questo boom tardivo è semplice: l'email è stata adottata dal marketing, è diventata lo strumento principale per mandarci offerte, proposte, richieste. In una parola: spam, dal nome di una scatoletta di carne che un cameriere continua a proporre ma nessuno vuole in un celebre sketch comico dei Monty Python. Lo spam è diventato un problema serio: riguarda il 70 per cento di tutto il traffico mondiale di email. E il paradosso è che spesso siamo noi ad aver prestato il consenso a ricevere informazioni su prodotti commerciali. Motivo per cui i filtri automatici antispam non funzionano: non possono fermare messaggi che noi abbiamo chiesto di ricevere...
A questo, che è un filone ormai consolidato con tanto di studi accademici, negli ultimi anni si è aggiunta la pratica aziendale del "cc": ovvero di mettere quanti più colleghi in "copia conoscenza" di un certo contenuto. Un modo per precostituirsi un alibi. Come a dire: lo sapevate tutti cosa stavo facendo. O almeno avreste dovuto saperlo se aveste aperto la mail che vi ho inviato in "cc". Naturalmente non finisce qui: perché a volte qualcuno inizia a rispondere a queste email con dentro decine di destinatari in "cc", generando altre email e altri "cc".
Risultato? Non abbiamo mai speso tanto tempo cercando di mettere ordine nelle nostre inbox, ha calcolato una recente ricerca firmata dalla società di servizi internet Boomerang. I numeri sono impressionanti. In media ogni giorno spendiamo due ore e mezzo per affrontare 147 email. Di queste la metà circa viene cancellata al primo colpo, solo guardando mittente e oggetto: di qui l'importanza di usare la parola giusta nell'oggetto (e quindi meglio "conferenza" "cancellazione" "pagamenti" e "opportunità"; rispetto a "partecipa", "sostieni", "invito" e "conferma").
Ma anche l'orario è decisivo: se non volete che la vostra email venga confusa con una proposta commerciale meglio inviarla alle sei del mattino.
FONTE: Riccardo Luna - www.repubblica.it
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