venerdì 6 dicembre 2013

SHARING ECONOMY

I servizi collaborativi stanno registrando un aumento in Italia. Molto inchiostro è stato versato dai media sul movimento in crescita della SHARING ECONOMY. (..)
In questo processo un ruolo determinante è stato giocato dalle nuove tecnologie, in particolar modo quelle legate al web: quante volte al giorno apriamo Facebook, cerchiamo informazioni su Wikipedia, utilizziamo lo smartphone per ottenere informazioni in tempo reale ovunque ci troviamo? Nuove tecnologie e nuovi strumenti, come Google, Amazon, e-Bay, i social media, hanno facilitato moltissimi processi come l’acquisto, la vendita e soprattutto la condivisione.
Economia, società e tecnologia: ecco il quadro che sta determinando la crescita della sharing economy secondo Jeremiah Owyang, uno dei più apprezzati teorici del nuovo business model.
GNAMMO
Nonostante qualche iniziale scetticismo, questa tendenza sociale sta rapidamente prendendo forma. E’ ancora presto in Italia. A breve, inizieremo a sentire le prime storie di successo (e le loro implicazioni), così come negli Stati Uniti. Ad esempio, il numero di servizi collaborativi italiani sono esplosi nell’ultimo trimestre del 2012. Prima di allora, si potevano contare su una mano. Ora, ne esistono più di 120, e il movimento continua a crescere sia in termini di piattaforme che di utenti.
In Italia stiamo iniziando a condividere sempre di più – case (Airbnb, Dovedormo, ecc); bambinaie (Oltretata), tempo (SfinzTamtown); cibo (GnammoNewgusto); barche (Sailsquare), biciclette (okobici) , competenze (OilprojectSkillBros); automobili (Blablacar) e denaro (Prestiamoci,Starteed).

Siamo forti nei sistemi di baratto, che sono profondamente radicati nella nostra cultura; nelle aste online che seguono le orme di eBay e che sono, di gran lunga, le piattaforme più popolari e conosciute; nel crowdfunding con 37 piattaforme che stanno cambiando l’ecosistema finanziario italiano; nei più di 70 spazi di coworking in tutto il paese, e, naturalmente, tutto ciò che ha a che fare con il cibo.
Anche se alcune delle comunità di condivisione replicano modelli già esistenti negli Stati Uniti, molti hanno dei caratteri unici. Alcuni importanti progetti:
• Openwear – una piattaforma di abbigliamento collaborativa finanziata tramite la Commissione europea per un approccio alternativo alla creazione di moda;
• Impossible Living – un servizio di  mappatura degli edifici abbandonati;
• ScambiaTreno – uno scambio di biglietti ferroviari non utilizzati ed a basso costo;
• Dropis e Sardex – per i servizi di valute virtuali dove è solo possibile la condivisione, non viene utilizzata alcun valuta.

Alcune statistiche interessanti per quanto riguarda i siti più datati: 
• Zerorelativo – la prima community italiana di baratto online ha più di 70.000 offerte di swap;
• Delcampe – un mercato fatto da collezionisti, con oltre 50 milioni di offerte in corso;
• Subito – una piattaforma per vendere e comprare qualsiasi tipo di prodotto e di servizio che ora ha più di 54 milioni di annunci;
• Carpooling - che vanta 750.000 corse nazionali;
• Reoose – una comunità di 25.000 utenti;
• Fubles – la comunità del calcio che supera ormai 250.000 utenti registrati.
Flubes 
Di solito questi sono i nuovi servizi vengono avviati da giovani imprenditori under 30 e, a volte, da ex-managers over 40 che pensano che sia il momento di investire in un business che può essere meno redditizio, ma più gratificante.
Tuttavia, a prescindere da chi li dirige, la maggior parte di queste comunità non hanno ancora raggiunto il grande pubblico. E questo non perché gli italiani non vogliono condividere. È un dato di fatto, nonostante il nostro comportamento da consumatori individualisti, che è a volte eccessiva, sopravvive ancora un’ideologia anti-consumista , un retaggio della chiesa cattolica, di influenze comuniste, e del nostro patrimonio culturale rurale che ha valutato in non dover sprecare nulla. Le sfide economiche di oggi hanno favorito la rinascita di questa mentalità.
Non è un caso che dall’Italia sono partiti alcuni isolati (ma molto interessanti) esperimenti di sharing come GAS (Gruppi di Acquisto Solidarietà simili alla Community Supported Agriculture), distretti solidarietàco-housing e alloggi socialibanche del tempo e finanza etica.
Detto questo, le piattaforme straniere che arrivano in Italia con prodotti forti e con il dovuto supporto finanziario fanno bene. Si consideri che Airbnb e BlablaCar hanno i tassi di crescita più elevati in Europa, e The Hub ha il maggior numero di centri per ogni città che in ogni altro paese.
Le comunità italiane online si scontrano contro i problemi specifici dei servizi di condivisione e delle start-up in generale. Da un lato, i nostri servizi nazionali faticano a raggiungere la massa critica, d’altra parte, la mancanza di fondi limita questi progetti, tanto che coloro che vi lavorano lo fanno spesso come secondo lavoro. Pertanto, essi non sono in grado di dedicare il tempo necessario per aiutarli a decollare.
 Openweare
Tuttavia, qualcosa sta cambiando in Italia: il nostro governo ha presentato il Decreto Sviluppo (Decreto per lo Sviluppo) nel mese di ottobre 2012 con l’intenzione di destinare € 110.000.000 ogni anno per promuovere la creazione di start-up innovative. Molti progetti stanno nascendo per sostenere l’innovazione. Ma c’è ancora molto da fare fino a quando il mercato sarà maturo e il “sistema italiano” produrrà i risultati attesi. A questo punto, i servizi collaborativi hanno una grande opportunità di connettersi tra di loro per creare un forte network nazionale.
Oggi, queste piattaforme sono iniziative solitarie spesso isolate gli uni dagli altri e le connessioni tra i loro founder sono spesso sporadiche. Al contrario, sfruttando ciò che hanno in comune potrebbero riunire le competenze, le migliori pratiche e le esperienze in modo da poter ottimizzare la crescita, ridurre i rischi  e, soprattutto, sensibilizzare l’opinione pubblica. L’obiettivo dovrebbe essere quello di spiegare chiaramente i benefici di tali servizi e per sottolineare il fatto che siamo parte di un movimento più ampio. Questi sono modi per convincere la gente a provare questi strumenti e, soprattutto, per dimostrare che noi abbiamo la possibilità di vivere un futuro migliore … anche in Italia.
Utilizzeresti una piattaforma di sharing economy? Quali servizi ritieni indispensabile che vengano abilitati per il successo e la diffusione di nuovi modelli di business?

FONTE: Traduzione dell’articolo The rising of the sharing economy di Marta Mainieri pubblicato su Shareable.net a cura di http://www.societing.org/ e http://blog.hellobank.it

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