Cosa fa un data scientist?
Come suggerisce il nome, analizza dati per fornire al management le informazioni utili ad assumere decisioni e disegnare strategie. Per lunghi anni si è parlato dell'importanza dei dati, ora nasce l'esigenza di saperne fare buon uso. Benché si possa credere che la figura del data scientist sia appropriata solo alle grandi aziende, un simile profilo si rivolge a qualsiasi realtà, dalle Pmi alle multinazionali. Di norma viene inquadrato tra i manager, anche dal punto di vista della retribuzione, proprio perché è con gli altri manager che deve dialogare. È una figura professionale nuova e, in qualche modo, ancora da definire. Lo scienziato dei dati non è solo un'analista, non è solo uno stratega del business, non è solo un marketer così come non è solo un information manager.
DOMANDA: Al termine della lettura dell'articolo, sintetizza in tre o quattro punti perché i dati (e le informazioni) sono importanti per le aziende e perché occorre saperli gestire, interpretare e utilizzare efficacemente per il business.
Il frutto delle sue analisi copre trasversalmente tutti i reparti di un'azienda, trasformando i dati in informazioni comprensibili affinché per i vertici le strategie da assumere siano chiare e in qualche modo obbligate. Ciò si adatta anche alle Pa. Dino Pedreschi, professore ordinario di Informatica all'Università di Pisa, descrive lo scienziato dei dati come: «Una figura che deve avere più competenze. La prima è sapere gestire, acquisire, organizzare ed elaborare dati. La seconda competenza è di tipo statistico, ovvero il sapere come e quali dati estrarre, la terza capacità è una forma di storytelling, il sapere comunicare a tutti, con diverse forme di rappresentazione, cosa suggeriscono i dati». Non basta quindi una formazione in statistica, in economia o in informatica, tutte doti utili alla figura del data scientist ma che necessitano di essere mixate sapientemente.
Perché c'è bisogno di data scientist?
La risposta in due sostantivi: produttività e cambiamenti. Da una parte cambiano i modelli di business delle aziende, così come cambiano le loro politiche economiche e i mercati e, dall'altra parte, vige la necessità di aumentare produttività e profitti. Un esempio reale arriva da Mario Alemi, data scientist italiano (laureato in fisica): «Le email personalizzate in base ai gusti letterari dei clienti hanno generato, nei negozi, il 27% delle vendite in più di quelle conseguite con le email generiche». Un'indagine McKinsey rileva che, negli Usa, mancano tra i 140 e i 190mila data scientist, ciò testimonia quali prospettive possa avere la professione. «Quella del data scientist sarà nei prossimi anni tra le figure più ricercate nel mondo del lavoro – continua Pedreschi – e sono sempre di più le università che preparano percorsi post-universitari aperti a tutti i curriculum».
Quale formazione è necessaria?
Ci sono decine tra atenei e centri studio che offrono formazione specifica. Giuseppe Ragusa, direttore del master in Big Data Analytics della Luiss, in collaborazione con Oracle, riassume così le qualifiche necessarie per abbracciare la professione: «Il data scientist è un animale a tante teste, deve avere tre set di skill: una preparazione informatica molto solida, una buona comprensione degli aspetti tecnologici e allo stesso tempo è un conoscitore degli aspetti aziendali. Una figura professionale dotata di competenze trasversali e capace di relazionarsi con il management dell'azienda». Anche Dino Pedreschi apporta la sua esperienza di docente universitario e parlando del master in Big Data Analytics e Social Mining, dell'Università di Pisa, che partirà a febbraio 2015 spiega: «Stiamo organizzando un master apposito che si rivolge a laureati di qualsiasi provenienza, perché non ci sono requisiti stretti in ingresso, se non la voglia di mettersi alla prova con tutte le competenze necessarie, in collaborazione con il mondo industriale».
La situazione in Italia.
I poli mondiali sono Usa e Uk, laddove nei primi anni del Duemila si erano già create metodologie e procedure. Alle nostre latitudini le aziende cominciano a concepire la necessità di una simile figura e cercano di formarla al proprio interno. Nel frattempo, dice Ragusa, le imprese chiedono alle università i dati di chi frequenta i corsi. Perché l'Italia stenta a carburare lo spiega Alemi: «La nostra cultura è prettamente umanistica, siamo sempre un passo indietro quando si parla di discipline scientifiche, ma sono ottimista, questo gap verrà colmato nei prossimi 5-10 anni». Il data scientist lavora con i big data ed è in questa direzione che bisogna muoversi; le anagrafiche sono il primo patrimonio di un'azienda, concetto ancora non del tutto consolidato in Italia e questo, da solo, spiega già gran parte dell'handicap che abbiamo in materia di scienza dei dati.
Cosa aspettarsi dal futuro
Una rilevazione voluta da Emc Data Science segnala che l'assenza di risorse uomo sufficientemente preparate e aziende non strutturate per il data science si equivalgono, entrambe con il 32%, nell'elenco dei principali freni allo sviluppo sia della professione, sia della crescita dell'intero settore che, ancora lontano da misurazioni di tipo economico, è comunque una costola del comparto dei big data il quale, secondo Gartner, varrà 26miliardi di dollari entro la fine del 2015.
Come suggerisce il nome, analizza dati per fornire al management le informazioni utili ad assumere decisioni e disegnare strategie. Per lunghi anni si è parlato dell'importanza dei dati, ora nasce l'esigenza di saperne fare buon uso. Benché si possa credere che la figura del data scientist sia appropriata solo alle grandi aziende, un simile profilo si rivolge a qualsiasi realtà, dalle Pmi alle multinazionali. Di norma viene inquadrato tra i manager, anche dal punto di vista della retribuzione, proprio perché è con gli altri manager che deve dialogare. È una figura professionale nuova e, in qualche modo, ancora da definire. Lo scienziato dei dati non è solo un'analista, non è solo uno stratega del business, non è solo un marketer così come non è solo un information manager.
DOMANDA: Al termine della lettura dell'articolo, sintetizza in tre o quattro punti perché i dati (e le informazioni) sono importanti per le aziende e perché occorre saperli gestire, interpretare e utilizzare efficacemente per il business.
Il frutto delle sue analisi copre trasversalmente tutti i reparti di un'azienda, trasformando i dati in informazioni comprensibili affinché per i vertici le strategie da assumere siano chiare e in qualche modo obbligate. Ciò si adatta anche alle Pa. Dino Pedreschi, professore ordinario di Informatica all'Università di Pisa, descrive lo scienziato dei dati come: «Una figura che deve avere più competenze. La prima è sapere gestire, acquisire, organizzare ed elaborare dati. La seconda competenza è di tipo statistico, ovvero il sapere come e quali dati estrarre, la terza capacità è una forma di storytelling, il sapere comunicare a tutti, con diverse forme di rappresentazione, cosa suggeriscono i dati». Non basta quindi una formazione in statistica, in economia o in informatica, tutte doti utili alla figura del data scientist ma che necessitano di essere mixate sapientemente.
Perché c'è bisogno di data scientist?
La risposta in due sostantivi: produttività e cambiamenti. Da una parte cambiano i modelli di business delle aziende, così come cambiano le loro politiche economiche e i mercati e, dall'altra parte, vige la necessità di aumentare produttività e profitti. Un esempio reale arriva da Mario Alemi, data scientist italiano (laureato in fisica): «Le email personalizzate in base ai gusti letterari dei clienti hanno generato, nei negozi, il 27% delle vendite in più di quelle conseguite con le email generiche». Un'indagine McKinsey rileva che, negli Usa, mancano tra i 140 e i 190mila data scientist, ciò testimonia quali prospettive possa avere la professione. «Quella del data scientist sarà nei prossimi anni tra le figure più ricercate nel mondo del lavoro – continua Pedreschi – e sono sempre di più le università che preparano percorsi post-universitari aperti a tutti i curriculum».
Quale formazione è necessaria?
Ci sono decine tra atenei e centri studio che offrono formazione specifica. Giuseppe Ragusa, direttore del master in Big Data Analytics della Luiss, in collaborazione con Oracle, riassume così le qualifiche necessarie per abbracciare la professione: «Il data scientist è un animale a tante teste, deve avere tre set di skill: una preparazione informatica molto solida, una buona comprensione degli aspetti tecnologici e allo stesso tempo è un conoscitore degli aspetti aziendali. Una figura professionale dotata di competenze trasversali e capace di relazionarsi con il management dell'azienda». Anche Dino Pedreschi apporta la sua esperienza di docente universitario e parlando del master in Big Data Analytics e Social Mining, dell'Università di Pisa, che partirà a febbraio 2015 spiega: «Stiamo organizzando un master apposito che si rivolge a laureati di qualsiasi provenienza, perché non ci sono requisiti stretti in ingresso, se non la voglia di mettersi alla prova con tutte le competenze necessarie, in collaborazione con il mondo industriale».
La situazione in Italia.
I poli mondiali sono Usa e Uk, laddove nei primi anni del Duemila si erano già create metodologie e procedure. Alle nostre latitudini le aziende cominciano a concepire la necessità di una simile figura e cercano di formarla al proprio interno. Nel frattempo, dice Ragusa, le imprese chiedono alle università i dati di chi frequenta i corsi. Perché l'Italia stenta a carburare lo spiega Alemi: «La nostra cultura è prettamente umanistica, siamo sempre un passo indietro quando si parla di discipline scientifiche, ma sono ottimista, questo gap verrà colmato nei prossimi 5-10 anni». Il data scientist lavora con i big data ed è in questa direzione che bisogna muoversi; le anagrafiche sono il primo patrimonio di un'azienda, concetto ancora non del tutto consolidato in Italia e questo, da solo, spiega già gran parte dell'handicap che abbiamo in materia di scienza dei dati.
Cosa aspettarsi dal futuro
Una rilevazione voluta da Emc Data Science segnala che l'assenza di risorse uomo sufficientemente preparate e aziende non strutturate per il data science si equivalgono, entrambe con il 32%, nell'elenco dei principali freni allo sviluppo sia della professione, sia della crescita dell'intero settore che, ancora lontano da misurazioni di tipo economico, è comunque una costola del comparto dei big data il quale, secondo Gartner, varrà 26miliardi di dollari entro la fine del 2015.
Fonte: Nova24 del 26 ottobre 2014
4 commenti:
In una struttura aziendale i dati e le informazioni sono una delle componenti fondamentali per il suo successo. Le tipologie dei dati possono generare in un’azienda dei vantaggi rispetto ad altre imprese, infatti queste informazioni sono determinanti per costruire la capacità di un’impresa di raccogliere dati e informazioni sui propri prodotti e sul mercato nel quale opera; questa capacità è sicuramente un elemento fondamentale di successo. Un cenno particolare va fatto per le aziende di IT le quali hanno sempre più bisogno di dati per capire quali prodotti hardware e software conviene produrre o quale sia l’esigenze del consumatore. Nelle aziende è estremamente importante raccogliere e analizzare con cura i dati e per questo motivo stanno sempre più nascendo nuove professioni legate all’analisi dei dati. Una di queste è quella del Data Scientist: la caratteristica del suo lavoro è quella di analizzare dati che oggi sono disponibili a ritmo esponenziale sia per volume che per tipo, ai quali vanno aggiunti canali del tutto nuovi come ad esempio i social network. Una volta terminato, il lavoro del Data Scientist servirà a supportare le decisioni e le conclusioni di chi nell'azienda ha potere decisionale.
Il successo o il fallimento di quasi tutte le iniziative IT dipendono dalla qualità e dalla coerenza dei dati. I CIO e ora i Data Scientist hanno la responsabilità di trasmettere le informazioni all'interno delle proprie organizzazioni in modo coerente e tempestivo ma, in gran parte delle aziende, la gestione delle informazioni viene vista come un insieme di attività da delegare e non è considerata come una delle priorità dei CIO o dei Data Scientist. I principali ostacoli al completamento di progetti incentrati sulla gestione delle informazioni sono legati alla mancanza di personale per questo gli scienziati dei dati sono la chiave per sfruttare le opportunità offerte dai Big Data.
MATRICOLA: 4401081
I dati per le aziende sono il punto di partenza del loro operato, tramite lo studio di questi un'organizzazione può sapere come muoversi, quali strategie adottare e come far fronte alla concorrenza. E' proprio nell'ambito competitivo che i dati scolgono un ruolo fondamentale: difatti alcune azienze utilizzano i database, archivi che contengono numerosi dati ordinati secondo criteri specifici, non solo per progettare i propri cataloghi e vendere i prodotti, ma anche per studiare il cliente memorizzando informazioni sul suo comportamento di acquisto. Questo costituisce di certo un'ottima strategia che può attrarre maggiore cientela. Inoltre i database contengono dati precisi, non duplicati e sempre aggiornati, in questo modo l'azienda può operare velocemente dato che non è costretta alla continua ricerca di informazioni su clienti e fornitori tra diversi file simili e non aggiornati, e può svolgere le proprie attività nel migliore dei modi. Le aziende attraverso la Business intelligence possono attuare un processo di pianificazione continua in modo tale da poter sempre consultare le proprie attività. Il data scientist, per tutta questa serie di motivazioni, non può non avere un ruolo fondamentale all'interno dell'azienda per quanto riguarda le decisioni di gestione strategica; egli raccoglie e analizza in modo assai efficace quante più informazioni possano provenire da ambienti interni e esterni delle aziende e guida le decisioni aziendali.
MATRICOLA 4403063
All'interno di un'azienda, i dati e le informazioni hanno un ruolo molto importante, se non in alcuni casi essenziale. Possono essere la competenza distintiva che caratterizza un'azienda e la diversifica dalle altre concorrenti,
molto spesso riguardano informazioni su clienti, nuovi o abituali, che garantiscono rapporti che potrebbero protrarsi nel tempo.
Sapere gestire i dati e le informazioni nel modo corretto in un'azienda è senza dubbio un fattore di successo. A questo serve la figura del DATA SCIENTIST, che li analizza, li organizza e li elabora prima di fornire informazioni strategiche utili.
É essenziale sapere gestire e utilizzare i dati efficacemente: prima di tutto per trarne un vantaggio economico rispetto alle aziende concorrenti: per questo, oltre alla gestione, si aggiunge anche il dovere di proteggere "il proprio tesoro di informazioni". Secondo, perchè è inutile avere migliaia di informazioni se poi non si ha idea di come utilizzarle per il proprio business.
Per questo la figura del DATA SCIENTIST sta suscitando sempre più interesse e occorre sempre di più in un'azienda, per far fronte ai cambiamenti e per aumentare la produttività.
MATRICOLA 4403670
Tutte e tre le risposte sono coerenti e ben sviluppate in modo critico e personale.
Punteggio pieno.
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